Genova, Teatro Carlo Felice: “Rigoletto”

Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione Lirica 2012/2013
“RIGOLETTO”
Opera in tre atti di Francesco Maria Piave, tratto da Le Roi s’amuse di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Il Duca di Mantova JEAN-FRANÇOIS BORRAS
Rigoletto SERGIO BOLOGNA
Gilda GABRIELLA COSTA
Sparafucile ANDREA MASTRONI
Maddalena ANNUNZIATA VESTRI
Giovanna ANNA VENTURI
Il Conte di Monterone FABRIZIO BEGGI
Marullo FILIPPO BALESTRA
Borsa GIAMPIERO DE PAOLI
Il Conte di Ceprano ALESSIO BIANCHINI
La Contessa SIMONA MARCELLO
Usciere di Corte LORIS PURPURA
Paggio della Duchessa SIMONA PASINO
Orchestra e Coro Fondazione Teatro Carlo Felice
Direttore Carlo Rizzari
Maestro del Coro Patrizia Priarone
Regia Rolando Panerai
Scene Enrico Musenich su materiale scenografico in dotazione alla Fondazione Teatro Carlo Felice
Costumi Regina Schrecker
Coreografia Giovanni Di Cicco
Luci Luciano Novelli
Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice
Genova, 9 marzo 2013
In tempi di dura crisi, l’opera genovese sceglie di non sottostare a brutali tagli lineari. Quella operata dal Teatro Carlo Felice per la produzione di Rigoletto è una vera e propria “spendig review”, intesa nella sua accezione più positiva: ad Enrico Musenich, scenografo interno del teatro, è stato affidato l’arduo compito di rovistare tra le vecchie scenografie accatastate (in taluni casi anche dimenticate) nei magazzini del teatro, al fine di comporre da queste un nuovo allestimento. Il risultato è decisamente positivo: pezzi di ben 14 precedenti produzioni vengono impiegati per creare una scena bella alla vista e funzionale all’azione, la cui resa è coadiuvata dalle luci di Luciano Novelli, che riescono a rendere naturali anche situazioni difficoltose come quelle del terzo atto, in cui la scena è bipartita tra un ambiente interno e caldo ed un altro esterno, buio e tempestoso. Dato il risultato, l’operazione del “collage scenografico” merita certamente un plauso e potrebbe rivelarsi espediente interessante, oltre che per le stagioni venture, anche per gli altri (numerosi) enti lirici del Belpaese che versano in situazione finanziaria sfavorevole. I bellissimi costumi, realizzati invece ex-novo, sono disegnati dalla celebre stilista Regina Schrecker. La regia èè stata affidata ad una vera leggenda del melodramma italiano, il grande baritono Rolando Panerai che, all’età di 88 anni, non solo ha provveduto alla messinscena di questo Rigoletto, coadiuvato da Vivien Hewitt, ma calcherà addirittura il maggior palcoscenico genovese in maggio nell’impegnativo ruolo di Germont padre. Le scelte registiche risultano in linea con il libretto di Piave, nulla più, nulla meno, eccezion fatta per la prima scena del primo atto, che offre spunti realmente interessanti, a cominciare dal preludio, in cui Borsa e Marullo vestono a forza Rigoletto con gli abiti del giullare e lo rendono, così, “vil, scellerato”, pronto a farsi beffe di chiunque, incurante della propria meschinità. Al termine degli accordi finali del prologo, lo stesso Rigoletto da inizio alla festa: la reggia si colora e si popola di dame, cavalieri e personaggi mitologici. Davvero originale la scelta della regia per questa sezione, che decide di dare vita ai magnifici affreschi che adornano la sala da pranzo del reale Palazzo Te mantovano, inscenando la rappresentazione delle nozze di Amore e Psiche alla quale assistono i cortigiani nel corso del banchetto offerto dal duca. Seguendo le indicazioni del coreografo Giovanni De Cicco, i personaggi del mito greco si dispongono a guisa di sculture umane, finché la festa non degenera in un vero e proprio baccanale, interrotto solamente dall’imprevista irruzione di Monterone. Singolare anche la decisione di eseguire il cambio di scena del primo atto a sipario alzato: sotto gli occhi del pubblico, la reggia del duca sparisce nelle profondità del Carlo Felice mentre, dal retro, s’avanza la casa di Rigoletto, cosicché i circa tre minuti che questo cambio tecnico richiede diventano anch’essi parte dello spettacolo.
Nel title role, Sergio Bologna offre, nel complesso una buona prestazione: l’emissione è salda e l’interpretazione coinvolgente; sceglie, inoltre, di non eseguire alcune delle “puntature” che la tradizione ha aggiunto alla partitura (per esempio alla fine del secondo e del terzo atto), rimanendo invece più fedele alla scrittura verdiana.
Gabriella Costa è una Gilda dotata di timbro gradevole e vellutato, voce non granché potente, ma corretta. Buona la resa vocale del personaggio anche nei passaggi più complessi, mentre risulta meno convincente l’aspetto interpretativo, che la vede talvolta cantare immobile rivolta al pubblico.
Buona l’esecuzione del ruolo del Duca da parte di Jean-Francois Borras, dotato di voce raffinata, leggera e ben proiettata. Il suo Duca è elegante e suadente; corretta l’esecuzione degli acuti più difficoltosi, mentre, nel registro centrale, talvolta la voce assume un’innaturale inflessione nasale.
Andrea Mastroni è uno Sparafucile a dir poco eccezionale: aspetto dark e voce inconfondibile per timbro cavernoso e consistenza lo rendono autentica personificazione del demonio. Risolve con stile il temuto fa grave del primo atto, prolungando la nota all’infinito, ottenendo un effetto decisamente convincente. Nel resto della sua prova, il milanese mette in scena un sicario violento e crudele, bramoso di sangue e denaro, che sembra trovare quiete solo nel lucidare la sua arma.
Molto positiva anche la prova di Annunziata Vestri (Maddalena), dotata di voce scura e corposa oltre che di una sensualità provocatoria che ben si adatta al personaggio. Corrette le performance degli altri personaggi secondari, con particolare menzione per il Monterone di Fabrizio Beggi, che ha ormai abituato il pubblico genovese a prove di tutto rispetto. La sezione maschile del coro del teatro, preparata da Patrizia Priarone, ha assolto con omogeneità e personalità alla propria funzione, particolarmente importante nello svolgimento del dramma.
Carlo Rizzari ha diretto con personalità, sostenendo i cantanti in scena e con riguardo all’equilibrio buca/palcoscenico, optando per una concertazione piuttosto pacata anche nei passaggi più concitati.Anche se quella cui abbiamo assistito era la quinta recita in programma, la platea del Carlo Felice risultava gremita in ogni ordine di posto. I piccoli mormorii di eccitazione sulle prime note della celeberrima aria “la donna è mobile” indicano che in sala era presente un pubblico per gran parte non avvezzo al teatro dell’opera, fattore certamente positivo dal momento che, per sopravvivere, il teatro ha bisogno di suscitare interesse e coinvolgimento proprio in chi non è abituato a frequentarlo. Grande l’applauso degli spettatori a fine serata per il secondo titolo verdiano del cartellone (dopo Macbeth), cui farà seguito, a chiusura della stagione, La Traviata.  (Foto Marcello Orselli)