Cultura e Spettacoli

Litigi, amori e furbate dei salottieri "traviati"

Sul palco sono vestiti come nei locali di corso Como il venerdì sera. Si sorseggia, si parla, si guarda, ci si fa guardare. Come in vetrina, come nel grande specchio al centro del salotto in cui si apre La traviata. L'inizio della «prima», dentro e fuori il Teatro, è uguale alla fine. Tutti guardano e si fanno guardare. Politici, finanzieri, gazzettieri, divine di ieri, stilisti di oggi, dai palchi al foyer, nel salotto della Scala. Alla fine la femme bourgeoise s'accascia su una sedia di legno tra le bottiglie vuote, in un salotto minimal. E anche la borghesia milanese dei salotti buoni, dove si accomodano i poteri forti e la cultura muffa, non sta tanto bene. La traviata, spettinata e in ciabatte, si è trascinata dal salone alla cucina, fra pentole di rame e boiserie, e ha fatto le nove di sera. La giornata pesante, e una vita difficile, è finita. Adieu, Violetta. Vista dalla Scala persino la Milano che conta, pensa, briga e se la canta appare sfatta. Ma è solo un momento di stanchezza. Un flûte e spaghetti con perlage di tartufi alla Società del Giardino, e la città è pronta a rimettersi all'opera. Basta poco a rassettare un salotto. Dal Secondo Impero alla Terza Repubblica, alla Scala non cambia mai nulla. Il padrone di casa, Stéphane Lissner, lascia il teatro glorioso e litigioso così come l'ha trovato nove anni fa. È il suo ultimo 7 dicembre da sovrintendente, poi lascerà il lussuoso appartamento in piazza del Carmine e tornerà nella sua Parigi alla guida dell'Opéra con il bottino italiano: stipendio, buonuscita e moglie, Valentina Da Rold, già sposata a Piero Maranghi, figlio dell'ex presidente di Mediobanca, proprietario di Sky Classica... I salotti intellettuali, finanziari e mediatici s'incontrano.

Lissner è stato persino capace di far litigare i giornaloni più potenti, Corriere e Repubblica, per colpa di favoritismi, ripicche, invidie, pettegolezzi - come succede in tutti i salotti - tra gli Isotta inconsolabili di Muti e le vedove gazzettiere già in lacrime del fatal sovrintendente très chic. Attendendo Pereira. E da martedì, con il nuovo cda e la nomina ufficiale di Chailly, aria nuova in salotto. In sala, ieri sera, il gesto più salottiero è stata la consegna di un volume su Verdi in tiratura limitata - un lusso da mille euro - al presidente Napolitano da parte di Franco Tatò, potentissimo ad di Treccani, qui accompagnato dalla moglie, l'attrice e presentatrice tv Sonia Raule, coppia elegante e casa meravigliosa, con ampio e frequentato salotto, nella via dietro la Scala, anfitrioni di filosofi e scrittori, e amici di Natalia Aspesi, prima firma della Prima, una vestale che - si dice - Lissner manda a prendere in macchina per portarla al Piermarini. Ieri sera, quando tutti gli altri giornalisti sono entrati in teatro, alle 17, lei, la favorita, era già lì, in lamè, accanto a Lìssner. Nel teatro, ci sono i politici, i salottieri dell'intellettualità, la gente della moda e di moda, Armani in Armani, Roberto Bolle in Dolce&Gabbana, l'alta finanza, la gente dello spettacolo. Fuori, invece, ci sono il ministro Cancellieri, Veronesi, la Shammah, il filosofo Salvatore Veca e i veri vip che La traviata la vedono su un maxischermo a San Vittore. Che dalla Scala dista poco. Milano è un piccolo salotto. E nel salotto della Traviata ci sono tutti e tutto. Un po' di istituzioni e un po' di glamour, celebrities, sciure e intellos. C'è un'aristocrazia del denaro che si comporta sempre al di sotto dello stile dovuto e una borghesia sobria solo per finta che vive sempre sopra le proprie possibilità. Ci sono tutti, e il risultato è il nulla. «C'era John Elkann nel foyer». «Cosa ha detto?». «Niente... cosa vuoi che dica?». E ci sono i pregiudizi, le ipocrisie e molte traviate e mantenute, che non mancano mai, anche se le uniche additate sono «quelle là» di Arcore. Quante Violette innamorate dei soldi... Amami Alfredo.

E in scena, Alfredo tira la pasta. Una pizza? Tutta l'Italia è Traviata. È dalla Scala che accedi al salotto di Milano, la Milano romantica, modaiola, cultural chic. Nella società di Balzac e Flaubert era il bel mondo dei caffè, delle donne sagomate nei corpetti di velluto, la Milano che leggeva Byron. Alla Società del Giardino invece è la Milano delle grandi sale eleganti ma vuote, come quelle della Traviata, gli interni borghesi, le famiglie-bene con i figli al San Carlo e la casa in campagna, per il weekend. Come Alfredo e Violetta, così innamorati, così provinciali. Così moderni. «Trasgredire fa bene all'opera», dice il regista Tcherniakov, alla fine subissato di fischi e buuu. E i salotti, si sa, sono il regno dei tradimenti. La fedeltà assoluta farebbe rivoltare Verdi, sostengono gli entusiasti della Traviata post-pop. Del resto la tradizione è importante, ma non indispensabile nell'opera. E così, finita l'opera, la gente che conta nella politica, negli affari e nel giornalismo, invece che alla Società del Giardino, si ritrova da Bazoli, o al Baretto di via Senato.

Due splendidi salotti.

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