Budapest, Hungarian National Opera: “The rake’s progress”

Budapest, Hungarian National Opera – Stagione d’opera 2014-2015
“THE RAKE’S PROGRESS”
Opera in quattro atti su libretto di Wystan Hugh Auden e Chester Kallman
Musica di Igor Stravinskij
Trulove ANDRÁS PALERDI
Anne ELEANOR LYONS
Tom Rakewell PÉTER BALCZÓ
Nick Shadow PÉTER KÁLMÁN
Mother Goose ANNAMÁRIA KOVÁCS
Baba the Turk ANDREA MELÁTH
Sellem DÁVID  SZIGETVÁRI
Keeper of the Madohouse JÁNOS FÁRTAY
Hungarian National Orchestra
Direttore Erik Nielsen
Maestro del coro Kálman Strausz
Regia Ferenc Anger
Drammaturgia Judit Kenesey
Visual Concept, Gergely Zöldyz      
Budapest, 18 gennaio 2015

 Mentre nel bel paese dell’Opera vengono istituite “pagelle” ministeriali per classificare l’attività dei teatri lirici italiani, le quali paiono tratteggiare situazioni tutt’altro che rosee, la National Hungarian Opera di Budapest presenta la nona delle sue quattordici nuove produzioni operistiche per la stagione 2014-2015. Protagonista è forse l’opera più conosciuta e rappresentata di Igor Stravinskij, The Rake’s Progress ovvero “La Carriera di un Libertino”, conclusione ma anche apice della sua produzione neoclassica iniziata nel 1920 con Pulcinella. Nell’ideare il nuovo allestimento di un lavoro che si dimostra neoclassico in ogni sua declinazione, dal tema alla struttura fino alla musica e al testo, ciò che è risultato maggiormente efficace è stata la conformità di regia, allestimento e scenografia a questo carattere neoclassico. Senza lasciarsi andare a troppo facili eccessi che la tematica dell’opera potrebbe prestarsi a concedere, l’allestimento si presenta sobrio ma non privo di spunti intelligenti e originali, suggeriti dal geniale ed eclettico regista Ferenc Anger. Dettagli registici e scenografici ricorrenti, citazioni e allusioni nascoste si ripresentano lungo tutta la durata della rappresentazione riuscendo a concretizzare in maniera efficace un’ideale teatrale di semplicità ironica e beffarda, distaccata e alle volte scarna ma ricca di finezze sceniche che strizzano l’occhio all’osservatore più attento. Questo va ad adattarsi perfettamente a una vicenda in fin dei conti morale, triste favola novecentesca e profondamente moderna, storia dell’uomo senza qualità che soccombe a se stesso quasi inconsapevolmente rifugiandosi nell’amore come unica fonte di redenzione –uno dei topoi letterari per eccellenza e fertilissimo terreno per una vicenda morale – solo quando ormai è troppo tardi e la follia ha preso il sopravvento. La scena rimarrà quasi sempre suddivisa su due piani:  da una parte l’idilliaco giardino di Trulove, polo positivo dell’amore sincero e della possibilità di salvezza di Tom, e dall’altra Londra, luogo di perdizione e follia. La volontà di essere teatro realmente “nazionale” ha portato l’Hungarian State Opera alla scelta di un cast composto quasi interamente da voci ungheresi che, a parte forse qualche problema nella dizione dell’inglese, hanno portato a termine una performance vocale di livello molto alto.
Péter Balczó è un Tom Rakewell dalla vocalità non imponente ma sempre efficace e precisa, il timbro piuttosto chiaro si adatta bene alla scrittura dell’autore e risulta efficace in tutti i registri. Here I stand, forse l’aria più nota dell’intero lavoro, è resa da Balczó con la giusta intenzione drammatica dal punto di vista espressivo mentre è invece a tratti discontinua l’efficacia della sua presenza scenica, più convincente nel finale folle e allucinato che negli episodi precedenti.  Anne -protagonista femminile e antitesi positiva di Tom- è la giovane australiana Eleanor Lyons, la vocalità nettamente più interessante all’interno del cast. Il physique du rôle dalle fattezze angeliche si adatta perfettamente al personaggio che è personificazione dell’amore che salva dalla perdizione, e il controllo vocale perfetto e luminoso nel registro acuto rende infine il suo personaggio convincente sotto ogni punto di vista. La voce è omogenea e sempre calibrata, ottima la proiezione su ogni piano dinamico, e il sostegno dei filati è sempre inappuntabile.
Un autentico dominatore della scena   è anche Péter Kálmán (Nick Shadow). Ogni movenza, ogni espressione ed ogni inflessione della voce nei recitativi evidenziano finemente la duplice personalità del personaggio, che risulta scenicamente il più disinvolto. Non meno efficace sul piano vocale, Kálmán mostra un’impostazione vocale solida. La dizione inglese è appropriata e consente di evidenziare anche timbricamente le diverse e contrastanti sfumature del personaggio attraverso un’emissione libera da ogni forzatura e sicura in ogni registro.
András Palerdi (Trulove), artista conosciuto e amato dal pubblico di Budapest, convince con una vocalità piena e fiera nella scansione del fraseggio ed è capace di conferire la giusta importanza al ruolo seppur vestendo i panni stilizzati del padre campagnolo e diffidente nei confronti del pretendente Tom. Il mezzosoprano Andrea Meláth (Baba the Turk), molto efficace scenicamente ma non sempre controllata nella gestione di una vocalità tutt’altro che agevole, assai insistita nel registro grave. La cantante comunque non forza l’emissione grazie a un uso di un fraseggio accurato. Appropriata vocalmente e scenicamente  senza eccessi,  la Mother Goose di Annamaria Kovács, che trascina Tom sulla via della perdizione con voce squillante e di bel colore. Appropriato e misurato l’apporto di Dávid Szigetvári e János Fártay rispettivamente nei ruoli di Sellem e del capo del manicomio. Altrettanto inappuntabili gli interventi del coro, preparato dal maestro Kálman Strausz. La direzione di Erik Nielsen è attentissima nel mettere in risalto la grande ricchezza di spunti musicali della partitura a partire da un presupposto di totale asservimento alle esigenze di fraseggio dei solisti. Il gesto è sicuro e compassato, sobrio ma efficace nel gestire le sezioni di un’orchestra di egregio livello strumentale. Molti e calorosi applausi per Nielsen e tutti gli interpreti, più volte invitati all’inchino nel proscenio, in una serata all’insegna della qualità sotto ogni punto di vista.