Rodolfo: Vittorio Grigolo
Schaunard: Mattia Olivieri
Mimì: Maria Agresta
Marcello: Massimo Cavalletti
Colline: Carlo Colombara
Musetta: Angel Blue

Orquesta Sinfónica e Coro Nacional Juvenil Simón Bolívar
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore: Gustavo Dudamel
Regia e scene: Franco Zeffirelli

Non smette mai di affascinare e strappare lacrime e applausi La Bohème nell’allestimento storico firmato Franco Zeffirelli, che la Scala ha deciso di riproporre come spettacolo agostano, evidentemente più rivolto ai tanti turisti presenti per EXPO che ai milanesi, dei quali la città è deserta. O meglio quasi deserta, perché uno sparuto gruppo di soliti, irriducibili fischiatori si è fatto sentire anche al termine di questa Prima, che come altissima routine lasciava davvero poco adito a tali critiche.

Difficile infatti discutere la messa in scena, quintessenza del classicismo e didascalismo nella forma più riuscita, efficace, sincera e priva di secondi fini. Difficile anche discutere i cantanti, con un duo di protagonisti che conta forse le migliori voci italiane che si possano sentire oggi: Maria Agresta e Vittorio Grigolo. Una bella scoperta infine l’Orquesta Sinfonica Simon Bolivar, che sostituisce l’Orchestra della Scala in ferie e che trova in Gustavo Dudamel il suo leader ideale sul podio.

boheme2A nostro avviso (ma la conferma arriva dall’entusiasmo del pubblico), la protagonista della serata è stata la Mimì di Maria Agresta. Il ruolo da soprano lirico le calza a pennello perché le permette di sfruttare le straordinarie filature nei tanti passaggi languidi da povera fanciulla tisica ma innamorata. La memoria va subito alla sua recente Liù, sempre alla Scala. Queste prove mostrano che al momento la Agresta merita un posto nel podio dei migliori soprano in circolazione, a scapito di colleghe ben più mediatiche ma molto meno espressive e corrette musicalmente parlando.

Di Vittorio Grigolo conosciamo oramai pregi e difetti. Fra i pregi senza dubbio c’è la generosità dell’interprete, che tiene saldamente in controllo una voce di timbro affascinante (anche quando si schiarisce un po’ in acuto) e di volume davvero soddisfacente. Fra i difetti, comunque minimi per la resa di un personaggio d’esuberanza come Rodolfo, c’è la banalità delle inflessioni, l’abuso di mezzevoci ammiccanti ed una tendenza al gigionismo che non si trattiene nemmeno nei momenti teoricamente più intimi e introspettivi. Diciamo che il cantante e lo showman ci sono, l’artista ancora tarda a maturare. Eppure per il momento e nella moria tenorile d’oggi si tratta già di un lusso.

Un po’ più deludente il Marcello di Massimo Cavalletti, baritono cresciuto in Accademia e che per la prima volta porta questo ruolo a lui caro sul palco “di casa”. La prestazione è comunque di buon livello, ma la stimbratura nel registro acuto si fa sempre più preoccupante col passare degli anni, ed è un brutto segnale per quella che era una grande promessa della scuola baritonale italiana (oggi anch’essa in netta crisi).

Anche Angel Blue non ha convinto a pieno, facendo rimpiangere altre Musetta. La dotazione naturale è evidente, ma il vibrato non è sempre sotto controllo e l’assieme manca totalmente di intenzione ed espressività. Sempre una garanzia di autorità interpretativa è invece Carlo Colombara, un Colline saggio e ironico, giusto contraltare al giovane Mattia Olivieri, che è invece uno Schaunard brioso e con molta facilità nella salita agli acuti.

I quattro amici
I quattro amici

Dicevamo infine di un’orchestra, la Simon Bolivar, molto tonica e partecipativa. È l’emanazione perfetta della direzione vivace e naif di Gustavo Dudamel, che  riempe l’esecuzione di piccole finezze un po’ fini a se stesse ma senza dubbio gustose: un po di enfasi ad un passaggio a solo del primo violino, una scossa adrenalinica quando intervengono le percussioni, una girandola di colori per il secondo atto, l’indulgere nel languore nel terzo, una furia implacabile negli ultimi tragici accordi. Purtroppo l’impressione è che la buca vada per la sua strada, dimenticandosi ogni tanto del palcoscenico. È la conferma che Dudamel ha ancora alcuni margini di miglioramento. Lo stesso vale per il Coro dei venezuelani, che ha anche qualche impaccio con la complessa gestione delle masse zeffirelliana del secondo atto.

Gustavo Dudamel
Gustavo Dudamel

Si replica per tutto il mese di agosto (in alternanza con svariati concerti de E Sistema) fino al 2 settembre, dando così anche ai milanesi di ritorno dalle vacanze l’opportunità di godersi questa produzione eterna, ravvivata da alcune novità degne di nota.

Alberto Luchetti