Piacenza, Teatro Municipale: “Lucia di Lammermoor”

Piacenza, Teatro Municipale, Stagione lirica 2015/2016
“LUCIA DI LAMMERMOOR”
Dramma tragico in due parti. Libretto di Salvatore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti
Lord Enrico Ashton MARIO CASSI
Miss Lucia GILDA FIUME
Sir Edgardo di Ravenswood GIUSEPPE GIPALI
Lord Arturo Bucklaw MATTEO DESOLE
Raimondo Bidebent ENRICO IORI
Alisa ELENA TRAVERSI
Normanno ROBERTO CARLI
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro della Fondazione Teatro Comunale di Modena
Direttore Stefano Ranzani
Maestro del Coro Stefano Colò
Regia e luci Henning Brockhaus
Regia ripresa da Valentina Escobar
Scene Benito Leonori su bozzetti di Josef Svoboda
Costumi Patricia Toffolutti 
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Regio di Parma, Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, Allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi
Piacenza, 28 febbraio 2016
Cosa resta da dire a questa Lucia di Lammermoor, da vent’anni allestita in tutta Italia e che ora, coprodotta dai teatri emiliani, torna sulle scene piacentine? La regia di Henning Brockhaus è ripresa da Valentina Escobar, i costumi restano quelli di Patricia Toffolutti così come le scene di Benito Leonori ispirate a bozzetti di Josef Svoboda. Sempre impressionante, la parete rocciosa che si alza ad apertura di sipario. Poi però ci si mettono le videoproiezioni: margherite, rocce bruttate di sangue, le sacre faci, volte gotiche. I costumi ammiccano a destra e a manca, per cui Lucia fa la sua sortita vestita da bimbotta in azzurro e racchetta da badminton, Enrico sfoggia una redingote che fa tanto ancien regime, Lord Arturo se ne va in cilindro bianco e guance rosse, paffuto capitalista uscito da un dramma politico di Bertolt Brecht. Il coro imbraccia pure scudi e lance, ad esprimere il mondo maschilistaLucia di Lammermoor, Piacenza 2016 barbaro che incombe sulla fanciulla di Lammermoor. Fuori da ogni gusto personale, si ha l’impressione che l’impianto scenico tenda a sottolineare un’azione e una drammaturgia che sono già tutte nella scrittura vocale. Quantomeno ha il pregio di non stravolgerle e di lasciar spazio al canto. Qui a Piacenza, bisogna ammetterlo, c’è un’ottima protagonista, e allora siamo già a metà dell’opera. Gilda Fiume ha il mi bemolle facile e tutto l’armamentario d’agguerrita belcantista necessario per affrontare il ruolo, eppure mai e poi mai (neppure alla tradizionale cadenza con flauto nella scena di pazzia) cade nella tentazione di trasformare Lucia in meccanico usignolo. Gioca sulle dinamiche, rende intensi i cantabili, varia con gusto e senza manierismi, è giovane nel timbro: grande prova. La “viril coppia” di baritono e tenore formano attorno a lei una cornice vocale alquanto stentorea (vedasi il duetto della Torre): Mario Cassi è un Enrico di acuti poderosi e sicuri, ma di fraseggio piuttosto generico. Più intenso Giuseppe Gipali. Il suo Edgardo sarà poco incline al fraseggio amoroso e sembra tradurre in prova muscolare gli slanci eroici del personaggio, ma la voce corre, sale in alto sicura, fa clamore nella stretta del finale secondo. Raimondo ha il timbro non sempre omogeneo e i gravi sicuri di Enrico Iori: più che nell’aria spesso tagliata, questo precettore di Lucia si distingue per varietà di accenti nel bel racconto della pazzia. Nelle parti di fianco, squilla l’Arturo di Matteo Desole, Elena Traversi è un’Alisa asprigna ma puntuale, Roberto Carli tratteggia un Normanno pungente ed istrionico. Resta infine Stefano Ranzani, alla guida di un’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna che suona corretta, sfoggia fiati talvolta insicuri ma corni solidissimi. Il gesto è fin troppo intimo e asciutto (ne paga le conseguenze, durante l’introduzione, il buon Coro del Comunale di Modena), la routine è dietro l’angolo. Eppure il mestiere c’è, la partitura è più che masticata e il morbido cantabile cavato dai violoncelli sulla cabaletta finale di Edgardo vale l’esecuzione. Foto Gianni Cravedi