L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Rosanna Savoia in Turandot

Turandot, poema sinfonico

 di Giuseppe Guggino

Successo pieno per l’ultimo capolavoro pucciniano proposto nella stagione del Teatro Bellini di Catania, nonostante un cast per certi versi sottodimensionato e una parte visiva non particolarmente inspirata. In grandissimo spolvero l’Orchestra e il Coro affidati nelle mani preziose del maestro Antonio Pirolli.

Catania, 12 ottobre 2016 - È opinione diffusa – e peraltro non infondata – che Turandot non si possa portare in scena senza due protagonisti eccezionali, oltre ad un ottimo soprano lirico per la parte di Liù; ebbene le recite in corso fino al prossimo 22 ottobre al Massimo Bellini di Catania contribuiranno se non a sovvertire quantomeno a ridimensionare la validità del teorema, sconfinando in un risultato musicale per certi versi sperimentale, tanto interessante quanto, probabilmente, non intenzionale.

Nessuno dei solisti nel cast è di portata storica, né l’allestimento di Pier Luigi Pizzi – consistente in una scalinata rossa per tutti e tre gli atti pensata per gli ampi spazi dello Sferisterio – si rivela particolarmente memorabile, rimontato al chiuso dalla mano affidabile di Massimiliano Gasparon (che però, da bravo costumista quale è, avrebbe quantomeno dovuto intervenire nel correggere il suo maestro per gli abiti della protagonista); eppure l’equilibrio e l’omogeneità di insieme senza clamori né disturbi sono sufficienti per l’ampia riuscita della serata.

Nello specifico Susan Neves ritorna in carriera dopo qualche anno non particolarmente fitto di impegni e centra in scena il personaggio, a cui garantisce tutti gli acuti e un volume non torrenziale ma sufficiente, tranne che nel grave, sebbene il legato talvolta risulti poco più che un miraggio. Ugualmente non opulenta è la vocalità tenorile chiara di SunKyu Park che, omettendo il tanto temibile quanto sematicamente irrinunciabile Do di “ti voglio tutta ardente d’amor”, è sempre preciso ancorché lontano dall’afflato impavido che il ruolo necessiterebbe. Coerente è poi la Liù ben cantata ma con poca proiezione di Rosanna Savoia che risulta dolente, rassegnata, dimessa. Saverio Pugliese, Gianluca Bocchino e Giovanni Guagliardo sono poi frequentatori abituali delle maschere per cui fanno molto bene, così come il completamento del cast con il Timur di Andrea Comelli, il Mandarino di Paolo La Delfa e l’Imperatore di Giuseppe Costanzo è improntato al criterio di massima omogeneità dell’insieme.

Se la parte solistica, perciò, può sembrare sottodimensionata nel tonnellaggio, i numeri quadrano subito in buca e in scena con il Coro, affidabilmente preparato da Ross Craigmile. Il direttore Antonio Pirolli mostra sin dagli accordi iniziali tutta la consapevolezza per l’importanza dell’ordito strumentale, ricorrendo giustamente ad un organico di proporzioni smisurate (dodici violini primi, tanto per rendere l’idea), con strumenti collocati financo nei palchi di proscenio; la tecnica è tra le più solide oggi in circolazione, quindi va da sé come ogni corona, ogni rallentando e gli innumerevoli cambi di metro non producano il minimo cedimento, anzi il muro sonoro che si eleva e la cura con cui è costruito negli impasti timbrici e nel fraseggio di una lettura analitica eppure mai manchevole per teatralità si traduce in un vero e proprio poema sinfonico in tre atti con Coro, cosicché si colgono con maggiore evidenza i legami tra Puccini e il Debussy dei Nocturnes, nonché con i lavori stravinskiani espressionisti e con quelli precedenti (quante suggestioni in Turandot riportano a Le rossignol!). La prestazione delle varie sezioni delle masse catanesi in buca (e sul palco), come sempre accade quando la bacchetta è di prim’ordine, è semplicemente magnifica, con punta di merito per gli ottoni, davvero di ammirevole compattezza. Non ci si stupisce quindi nel ritrovare l’Orchestra tutta schierata senza alcuna defezione fino e oltre l’arrivo alla ribalta del direttore, a riprova del grande affiatamento nel lavoro di concertazione; sicché come il finale di Alfano getta un ponte verso il prossimo titolo della stagione ossia la rara Leggenda di Sakuntala in scena dal 16 novembre prossimo anch’essa con regia di Massimo Gasparon, allo stesso modo l’esito musicalmente convincente di questa serata si auspica possa preludere ad un’intensificazione della presenza di Pirolli nella prossima stagione catanese, ormai di imminente presentazione.  


 

 

 
 
 

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