Gershwin alla Scala

Ottimo cast per Porgy and Bess, pur con i limiti di un'edizione semiscenica

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
George Gershwin
18 Novembre 2016
Quando venne annunciata la stagione 2015/16 della Scala già si sapeva che la Fondazione Gershwin imponeva per Porgy and Bess un'edizione semiscenica perché il coro scaligero è di pelle bianca. Ma la limitazione sarebbe stata ampiamente ripagata con la presenza di Nikolaus Harnoncourt sul podio (amava particolarmente l'opera per via di uno zio che aveva frequentato il compositore). Uno specialista di musica barocca, un filologo, a confronto con una partitura americana degli anni Venti era di certo una curiosità. Purtroppo Harnoncourt è mancato il marzo scorso e la straordinaria accoppiata non ha avuto luogo. L'edizione scaligera è comunque andata felicemente in porto con Alan Gilbert, direttore musicale della New York Philharmonic, che ne ha dato una lettura precisa, favorendo i tempi lenti e facendo affiorare l'eleganza della scrittura. Questo un po' a discapito dei ritmi e delle asprezze che siamo abituati ad ascoltare nelle edizioni discografiche. Così i cantanti, tutto bravissimi anche come gestualità, che hanno talvolta dato l'impressione di aver sciacquato i panni nel lago di Massaciuccoli. Detto questo, Morris Robinson (Porgy) ha una voce meravigliosa e tonante, la Bess di Kristin Lewis (già presente alla Scala in Aida e La cena delle beffe) è di misurate innocenza e sensualità, lo Sportin' life di Chauncey Packer spavaldo e incisivo al punto giusto. Il regista Philipp Harnoncourt (figlio del direttore) ha fatto del suo meglio, dati vincoli, ma i movimenti scenici sono ben riusciti, anche se il coro il più delle volte è costretto a sedere su una scalinata, gli spartiti alla mano per sottolineare lo straniamento. Scadenti invece o per lo meno fuori luogo le proiezioni video di Max Kaufmann e Eva Grün.

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