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Dopo il mio viaggio a Zurigo per Medea, ho deciso di andare a Milano a vedere il Don Carlo alla Scala. E’ stato un po’ un colpo di testa, non molto saggio (sto diventando vecchia, tutti questi viaggi non mi fanno bene temo) ma sono felice di averlo fatto.

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La produzione di Peter Stein, già vista a Salisburgo, è abbastanza tradizionale, con i costumi giusti, e mi è proprio piaciuta. Si trattava della versione in italiano in 5 atti, con tutti i pezzettini al loro posto e nessun taglio, abbiamo perfino visto una conversazione tra Elisabetta e il popolo nel primo atto che non ho mai saputo esistesse. Al solito, alla Scala, c’erano troppi intervalli (tre), quindi il risultato è stato un pomeriggio di proporzioni wagneriane. La scena dell’autodafé è stata molto efficace. La parata includeva emissari da tutti i popoli parte dell’impero spagnolo: indiani americani, incas, maya, tutti in costume tradizionale. Un po’ kitsch, ma divertente. Il fuoco non era vero, solo proiettato, ma la scena era cupa e molto forte.

L’orchestra e il coro della Scala sono magnifici! Nessuna sorpresa, ovviamente, ma sono veramente una cosa fantastica. Il direttore era Myung-whun Chung, che ha una notevole reputazione, e posso dire ben meritata. I suoi tempi erano semplicemente perfetti, e ha scatenato la potenza dell’orchestra in tutti i momenti giusti, trascinandoci col loro suono meraviglioso. Il coro perfetto, sempre a tempo, sempre preciso e con ottime dinamiche.

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Elisabetta di Valois era Krassimira Stoyanova, che non avevo mai sentito dal vivo, e mi è piaciuta un sacco. Il suo timbro è assolutamente fantastico, rotondo e bellissimo. La voce si espande in acuti forti e sempre rotondi, non strilla mai, la voce sempre appoggiata e bellissima. Non mostra mai le sue origini slave: il metallo è sempre ottimo. Il suo registro basso è incredibilmente potente, e impostato esattamente nello stesso modo dei suoi acuti meravigliosi. Quello che le manca è un po’ di proiezione, e di “taglio”: i suoi attacchi sono sempre morbidi, mai taglienti, le note lei non le colpisce mai, nemmeno quando dovrebbe. Un esempio tipico è l’attacco di Tu che le vanità, dove la prima nota dovrebbe essere colpita con forza e disperazione, e, invece, lei ci cresce dentro, e la “T” non si sente un granché. Le emozioni che comunica sono quelle che ti gonfiano il cuore, non è mai amareggiata, o arrabbiata, o veramente disperata. Ma ragazzi, che voce.

Don Carlo era Francesco Meli, un veterano della Scala, che è la perfetta incarnazione di un tenore italiano, uno di quelli buoni. L’avevo già sentito nel Macbeth a Stoccolma, e mi era piaciuto. Nel Don Carlo mi è piaciuto ancora di più, devo dire. La sua voce ha un po’ l’opposto dei pro e dei contro della Stoyanova: lui ha una proiezione incredibile, e i suoi acuti a volte sono colpiti con forza, quando è necessario. Gli manca forse un po’ di uniformità, e di raffinatezza: le emozioni che trasmette sono sempre mediterranee, estreme e un po’ sgangherate. Globalmente ha fatto un ottimo lavoro, ed è riuscito a farsi amare molto dal pubblico, che lo ha applaudito con grande entusiasmo.

Simone Piazzola cantava Rodrigo, l’amico di Don Carlo. L’avevo già sentito ne La forza del destino, a Monaco, e avevo avuto la sensazione che gli manchi carisma. Questa sensazione si è confermata: la voce è bella, canta bene, ma in qualche modo non risulta molto interessante. Comunque, la scena della morte è stata molto commovente, mi è piaciuta molto.

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Ferruccio Furlanetto, che doveva cantare Filippo II, era malato, e quindi abbiamo avuto un rimpiazzo di lusso: nientepopodimeno che Ildar Abdrazakov! Adoro la sua voce: forte, potente, molto precisa, e ha grande carisma. È uno di quei cantanti che, quand’è in scena, è difficile non guardarlo. E’ un po’ giovane come Filippo II, ma la sua interpretazione era commovente e convincente. La sua rabbia e il suo disprezzo per la moglie e il figlio erano pieni di arroganza e durezza, mentre nei suoi rimugini in Ella giammai m’amò è riuscito a dimostrare una vera vulnerabilità. Una grande interpretazione.

Eboli era Ekaterina Semenchuk, un’altra cantante che sentivo per la prima volta, e mi è piaciuta molto. La sua voce è molto più slava di quella della Stoyanova, ma ha grande tecnica, e quindi riesce ad avere un’uniformità di timbro notevole. I suoi acuti sono potenti come il centro della sua voce. Mi piacerebbe sentire la sua Azucena, o Amneris.

Il personaggio del Grande Inquisitore non canta molto, nel Don Carlo, ma ha una delle parti più incredibili che Verdi abbia mai scritto: il duetto con Filippo II è pazzesco, dal punto di vista musicale. Eric Halfvarson ha una voce potente, e la sua interpretazione è stata memorabile; è riuscito a mostrarsi terribile e allo stesso tempo estremamente fragile, nella sua cecità e vecchiaia.

Gli altri ruoli “minori” erano tutti di livello, perfino i delegati fiamminghi.

Mi sono divertita moltissimo, il Don Carlo è forse la mia opera di Verdi preferita, e questa produzione mi è proprio piaciuta.

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