Dalla notte alla notte

"Morgen und Abend" di Haas in un nuovo allestimento a Heidelberg

Recensione
classica
Theater Heidelberg, Germania
Georg Friedrich Haas
08 Febbraio 2017
È passato poco più di un anno dal battesimo alla Royal Opera House di Londra di “Morgen und Abend”, l’opera del prolifico compositore austriaco Georg Friedrich Haas. Dopo la ripresa berlinese a maggio (e il contemporaneo debutto della sua “Koma” al Festival SWR di Schwetzingen), un’altra scena tedesca, quella minore di Heidelberg, propone un nuovo allestimento dell’opera di Haas. La proposta si inquadra in una linea artistica intrapresa da qualche stagione dal teatro meritoriamente impegnata a promuovere il teatro musicale contemporaneo con commissioni di nuovi lavori (Harneit e Kalitzke) o riproposizioni di lavori molto recenti (Rihm, Jost e ora Haas). È chiaro che i mezzi limitati di realtà locali come quella di Heidelberg obbligano a qualche compromesso e comunque all’impiego massimo di risorse interne, il che conferisce comunque una dimensione più “quotidiana” e accessibile anche al repertorio contemporaneo, fatto per lo più di casi isolati (salvo qualche rara eccezione). Ciò premesso, l’esecuzione ascoltata a Heidelberg sotto la guida del giovane direttore Elias Grandy restituiva pienamente l’intensità espressiva della partitura di Haas, fatta per lo più di lunghe campate mosse soprattutto dall’articolato timbrico di orchestra e coro “debussyano” invisibile, scosse talora dalle esplosioni ritmiche delle percussioni. Così come il libretto di Jan Bosse è sostanzialmente privo di reale sviluppo narrativo, la musica manca di dinamica ma non certo di compattezza e pregnanza drammatica, tesa come una corda fra gli snodi esistenziali fondamentali di nascita (il mattino) e morte (la sera). Il protagonista Johannes è presente solo nelle parole del padre nel lungo melologo della prima parte e quando compare in scena e ascoltiamo il suo canto nella seconda parte è già morto. Non è del giorno chiuso fra il mattino e la sera che parla lo spettacolo costruito dal regista Ingo Kerkhof ma piuttosto del buio dal quale nasce il mattino e del buio nel quale finisce la sera: nel buio è immersa la scena, tagliata solo da lame di luce che isolano le figure come sagome che affiorano indistinte nella memoria. Occupa la scena la sagoma di una casa priva di pareti che ci ricorda, attraverso la voce di un personaggio, che “gli esseri muoiono ma gli oggetti restano”. Di buon livello tutti i cinque interpreti, anche se Winfrid Mikus (il padre Olai) e Holger Falk (Johannes) risultano più disinvolti sul piano scenico. Pubblico non foltissimo ma generoso di applausi.

Note: Nuova produzione di Theater und Orchester Heidelberg. Date rappresentazioni: 3, 8, 19 febbraio; 5, 10 marzo; 10 aprile 2017.

Interpreti: Holger Falk (Johannes), Hye-Sung Na (Signe / La levatrice), Angus Wood (Peter), Katherine Lerner (Erna), Winfrid Mikus (Olai)

Regia: Ingo Kerkhof

Scene: Anne Neuser

Costumi: Inge Medert

Orchestra: Philharmonisches Orchester Heidelberg

Direttore: Elias Grandy

Coro: Chor und Extrachor des Theaters und Orchesters Heidelberg

Maestro Coro: Ines Kaun

Luci: Lars Mündt e Ralph Schanz (video: Philipp Ludwig Stangl)

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