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Si tratta di un’opera di Antonio Vivaldi, scritta esattamente 300 anni fa, nel 1717. E’ una tipico gioiello barocco: trama assurda, molti personaggi, musica bellissima. La storia è vagamente basata sugli eventi storici seguiti alla morte di Ciro il Grande, con Dario che ascende al trono. Nell’opera a Ciro sopravvivono due sorelle: la maggiore, Statira, un po’ scema, e l’astuta Argene, entrambe interpretate da contralto. Un oracolo dichiara che l’impero sarà di chi sposerà Statira, e tre pretendenti si fanno avanti: Dario (tenore), che sembra onestamente innamorato di lei, Arpago, il capo dell’esercito, e Oronte, una sorta di primo ministro, responsabile amministrativo dell’impero. Arpago e Oronte sono entrambi interpretati da un soprano, e la profusione di voci femminili dà un carattere molto particolare e interessante all’opera.

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Alinda (Roberta Mameli), Statira (Sara Mingardo) e Oronte (Lucia Cirillo)

Argene, dolorosamente consapevole della debolezza mentale della sorella maggiore, trama contro di lei per rubarle il trono. Prima cerca di sedurre Dario, che sembra completamente impermeabile alle sue arti. Quando questo fallisce, complotta per uccidere Statira, e salire al trono sposando Oronte. Tutti i suoi piani falliscono, Statira sopravvive, Argene viene incarcerata, Dario sposa Statira e viene incoronato, come titolo comanda.

La musica è stupenda, con arie bellissime, e la solita leggerezza vivaldiana. I recitativi sono intensi, l’opera è un misto di buffo e tragico, molto godibile.

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Arpago (Veronica Cangemi, in ginocchio) e Argene (Delphine Galou)

Naturalmente (chevvelodicoaffa”?) l’azione è spostata nella Persia dei giorni nostri, cioè in Iran, con Ciro una sorta di sceicco, Arpago un generale moderno, e Oronte a capo dei pozzi petroliferi. Non disturbava, ed è tutto ciò che ho da dire. La regia, però, era buona, perfino buffa a tratti. Il regista ha sfruttato le caratteristiche dell’opera barocca in maniera intelligente, usando il “da capo” nelle arie per provocare la frustrazione degli altri personaggi, quando, ad esempio, si stufano di Statira che continua a ripetere sempre le stesse scemenze. I costumi di Statira e Argene erano molto belli e sgargianti. Una buona trovata nella produzione è stata che, essendo Oronte e Arpago interpretati da due donne, anche tutti i soldati a seguito di Arpago, e tutti i lavoratori della squadra di Oronte, erano donne. Ganzo.

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Dario (Carlo Allemano, centro), Oronte (Lucia Cirillo, sinistra) e Arpago (Veronica Cangemi, destra)

Il direttore d’orchestra era Ottavio Dantone, che dirigeva un continuo fatto di strumenti d’epoca, ma il resto dell’orchestra era su strumenti moderni. Hanno fatto un lavoro stupendo, ma, onestamente, è un po’ disturbante sentire violini moderni suonare musica barocca, di questi tempi. Gli effetti che riescono a produrre (messa di voce, crescendo) suonano veramente fuori luogo. Tuttavia, globalmente, l’esperienza musicale è stata estremamente positiva, e mi è piaciuta molto l’energia di Dantone. Menzione d’onore al fagotto, che ha fatto un lavoro spettacolare nel suo assolo durante l’aria Non lusinghi il core amante.

Dario era Carlo Allemano. La sua voce non è una tipica voce di tenore barocco, è grossa e con un vibrato consistente, ma a me è piaciuto. Ha lo stile giusto, una buona tecnica, ed è un bravo attore.

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Flora (Romina Tomasoni) e Argene (Delphine Galou)

Sara Mingardo era Statira, mi è piaciuta veramente molto. La sua voce di contralto è profonda e ben impostata, con un registro basso potente, e acuti ottimi. Ha una tecnica e uno stile quasi perfetti, è veramente un’interprete fantastica di questo repertorio. Mi è anche piaciuta molto la sua interpretazione: Statira è veramente quasi mentalmente ritardata, e Mingardo è riuscita a comunicare una totale mancanza di discernimento senza però trasformare il personaggio in una macchietta. La sua Statira comunica emozione e umanità, pur essendo scema come una scarpa.

La sorella di Statira, Argene, era Delphine Galou, con una voce un po’ meno potente, ma un timbro bellissimo. La coloratura è stata esplosiva nell’ultima aria Ferri, ceppi, sangue, morte; è stata veramente incredibile. Ha grande carisma, e cattura lo sguardo quand’è in scena, anche grazie alla sua altezza e alla sua bellezza.

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Statira (Sara Mingardo), Niceno (Riccardo Novaro) e Flora (Romina Tomasoni)

Lucia Cirillo ha interpretato Oronte con grande sicurezza, ed è venuta fuori come una delle voci più convincenti della serata. La devo sentire ancora. Veronica Cangemi, Arpago, ha buoni acuti, ma la voce sembra rarefarsi nel registro di mezzo, un po’ deludente. Alinda, una vecchia fidanzata di Oronte, era Roberta Mameli, la voce più bella della serata. Non la più caratterizzata, o carismatica, ma il suono più puro. Romina Tomasoni è stata una solida serva Flora, e pure buffa, mentre Riccardo Novaro ha fatto il suo come filosofo Niceno.

Non andavo al Teatro Regio di Torino da quasi 10 anni, è veramente molto bello. Ero seduta vicino a una tipica signora torinese, che, con un accento degno di Macario, si lamentava perché Dantone dirigeva in maniche di camicia. “Cioè, è pur sempre una Prima al Regio, neh!” Vorrei tanto che ci andasse Currentzis a dirigere al Regio, questa sviene.

2 pensieri riguardo “L’incoronazione di Dario – Teatro Regio (Torino)

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