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Una produzione immaginifica, intelligente, bella e moderna! È possibile! Tamerlano, di Haendel, raccontala storia del sultano ottomano Bajazet, che, intorno all’anno 1400 fu sconfitto e fatto prigioniero dal conquistatore Tartaro Timur, noto in Europa come Tamerlano, appunto. Tamerlano aspira alla mano di Asteria, la figlia di Bajazet, la quale ama riamata Andronico, principe greco amico di Tamerlano. C’è anche un’altra principessa, Irene, la fidanzata che Tamerlano ha abbandonato per cercare di conquistare Asteria.

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Franco Fagioli (Andronico), Maria Grazia Schiavo (Asteria), Marianne Crebassa (Irene) e Bejun Mehta (Tamerlano)

Il regista Davide Livermore ha trasportato l’azione nella Russia del 1917, durante la rivoluzione: Bajazet diventa lo Zar, Tamerlano è Stalin, e Andronico, probabilmente, Trockij. Una volta tanto, la trasposizione ha funzionato, magicamente. Livermore è noto per l’uso di video nelle sue produzioni, e per il suo richiamo costante al cinema. Il suo Ciro in Babilonia, a Pesaro, l’anno scorso, è un esempio perfetto. Qui, durante l’overture e in altri punti della storia, si vedono video in bianco e nero con scene delle battaglie tra i bolscevichi e le guardie dello Zar, con primi piani estremi dei visi dei guerrieri: un evidente richiamo ai film di Eisenstein.

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L’intero primo atto, invece che nel palazzo di Tamerlano, si svolge su un treno. A volte il treno si apre, come una casa di bambola, a mostrare i personaggi in un interno raffinato. I video sullo sfondo, e i movimenti degli attori sul treno, danno l’idea del movimento del treno, molto riuscito. Quando il treno “arriva” a San Pietroburgo, l’intero palazzo d’inverno si muove dal fondo del palco verso il proscenio ganzissimo!

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Maria Grazia Schiavo (Asteria) e Bejun Mehta (Tamerlano)

I costumi di Mariana Fracasso erano stupendi, specialmente quelli delle donne. Leggermente anacronistici: i vestiti e le scarpe erano più 1925 che 1917, ma non sottilizziamo, erano assolutamente affascinanti e lussuosissimi.

C’erano alcune note stridenti nella regia: Livermore non è riuscito a resistere alla tentazione dello stupro in scena, così ci è toccata un’attrice, il “doppio” di Asteria, che veniva assalita da un gruppo di soldati, mentre la Asteria cantante era impegnata in un meraviglioso duetto d’amore con il suo amante Andronico, che veniva picchiato brutalmente da altri soldati. Capisco il punto: i due amanti soffrono umiliazione e violenza nel corpo, ma le loro anime cantano l’amore che le unisce, puro, bello, indenne. E’ un’immagine potente, molto platonica nella sua essenza, e risuona profondamente nella cultura occidentale. Sì. Però. La piantiamo con gli stupri in scena, per favore?

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Un’altra cosa che non ho capito erano le donne soldato. E’ storicamente corretto che le donne hanno combattuto nella Rivoluzione d’ottobre (costituendo circa il 2% dell’Armata rossa), a seguito della creazione di battaglioni femminili che combatterono nella Prima guerra mondiale, ma sinceramente dubito che la guardia personale di Stalin fosse composta esclusivamente da donne. Questa scelta ha dato al regista diverse opportunità di mostrarci scene porno-lesbo, che a un certo punto hanno coinvolto anche soldati maschi. Ancora una volta, capisco il punto: il tiranno libertino, orge nel suo palazzo, ecc. ecc.. Ma dio bonino, sono decenni che si vedono ste cose, basta.

La scena finale, con il lieto fine raffazzonato dopo la morte di Bajazet, in perfetto stile handeliano, è stata molto malinconica: Asteria prostrata su una poltrona, che piange suo padre, la neve che cade, i cantanti tutti in fila, ognuno per conto suo, solo. Molto bella.

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La scena finale

Ma parliamo di musica!

Fasolis ha diretto un’orchestra fatta da alcuni musicisti di fiducia, e una selezione di orchestrali de La Scala, che formano un gruppo barocco che suona su strumenti originali. Fasolis, al solito, era molto energico, e ha trascinato la rappresentazione con polso molto fermo, riuscendo a tenere la tensione alta fino a mezzanotte e quaranta (un bel po’ di gente attorno a me se n’è andata nell’intervallo tra il secondo e il terzo atto). Devo dire che quest’opera è lunghissima, il terzo atto non finisce mai. Per quanto l’aria di Asteria che piange suo padre morto sia stupenda, onestamente, per la prima volta nella mia vita mi sono ritrovata a desiderare che l’avessero tagliata.

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Tamerlano era Bejun Mehta, uno dei miei controtenori preferiti! Ha interpretato molto bene il tiranno brutale. La voce era un po’ stiracchiata nel registro acuto, esibendo a volte quelli che io chiamo “i soliti difetti dei controtenori”: troppo metallo, emissione innaturale. Ma la coloratura era molto buona, e la proiezione ottima (d’accordo, ero in terza fila, ma ho chiesto a chi era in galleria).

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Franco Fagioli (Andronico)

Franco Fagioli, il mio controtenore preferito in assoluto, cantava la parte di Andronico, che Handel scrisse per Senesino, la stella del suo tempo. E’ stato incredibile. Il colore della sua voce è unico per un controtenore: rotondo, vellutato, bellissimo, ancora una volta mi ha ricordato la Bartoli. La coloratura è fuori dal mondo, ha veramente dato sfoggio di tutte le sue capacità e ha messo in ombra tutti. L’aspetto che più ho apprezzato della sua esibizione è stato l’impegno, la convinzione. L’avevo visto dal vivo a Salisburgo, dove si era comportato come uno stronzo, una vera prima donna. Qui è stato l’opposto: assorbito nella parte, credeva nel suo personaggio e ha fatto veramente del suo meglio per dargli vita, con grande successo, devo dire. E poi un po’ di capelli in testa gli stanno proprio bene.

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Maria Grazia Schiavo (Asteria)

Asteria era Maria Grazia Schiavo, un soprano potente, con grande sensibilità per la musica barocca, e bellissimi acuti. Non memorabile, ma molto godibile. Le manca un po’ di carisma secondo me.

Carisma che non manca all’altra interprete femminile, Marianne Crebassa, nel ruolo di Irene. Ha una grandissima presenza scenica, e la voce è vellutata e profonda, con un timbro ricchissimo. La sentivo dal vivo per la prima volta e mi è veramente piaciuta. Il suo personaggio era un po’ povero, un’oca colossale, quindi non le ha dato molte opportunità di mostrare le sue capacità di attrice. Vedremo.

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Marianne Crebassa (Irene)

Bajazet in questa produzione era Placido Domingo, per le prime rappresentazioni, ma io l’ho accuratamente evitato (non riesco più a sentirlo, voglio ricordarlo com’era), e così ho beccato Kresmir Spicer. Era la sua prima volta in scena con questo Tamerlano, e sembrava un po’ teso. Lo avevo già sentito in Theodora, sempre di Handel, ma qui è stato un po’ meno convincente. Gli acuti erano buoni, ma nel centro la voce si svuotava. Si è molto impegnato nell’interpretazione, ed è riuscito a regalarci una morte commovente.

Christian Senn è stato un Leone corretto, il saggio consigliere, che, in questa produzione, è diventato Rasputin.

Alla fine sono andata all’uscita artisti a starnazzare e farmi foto con Fagioli e Mehta e mi sono divertita come una cretina.

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