6 giugno 2018 - 21:20

«Fierrabras» alla Scala: messinscena
in bianco e nero per Schubert

Un libretto modesto da cui il regista Peter Stein trae uno spettacolo banalmente illustrativo, statico. Ma la musica è meravigliosa

shadow

Il libretto di «Fierrabras» (1823), l’opera di Schubert in scena alla Scala fino a fine giugno, è molto modesto. È inverosimile, fragile sul lato drammatico e incentrata su un protagonista improbabile: non perché perdente ma perché pallido. Di qui l’origine della scarsissima circolazione dell’opera, mai rappresentata in passato al Piermarini. Tali difetti non giustificano però la pessima messinscena in bianco e nero che ne propone oggi Peter Stein: banalmente illustrativa, statica, e non priva di soluzioni (le moine delle popolane che offrono ghirlande a Carlomagno, il cuore rosso sul fondale dopo la pace tra mori e cristiani) troppo ridicole (o kitsch) da non sembrare irridenti anche perché, con un regista come Stein, non le si possono certo ascrivere alla categoria dell’involontario (e se così fosse, sarebbe peggio).

La riscoperta moderna di «Fierrabras» si deve a Claudio Abbado. E alla lettura di questi si ispira la prova di Daniel Harding. Che è di buon livello ma non priva di momenti fiacchi; comunque non messi perfettamente a fuoco dallo stretto punto di vista della concertazione. Il cast è di buon livello, non eccezionale. E allora, perché assistere a questo spettacolo? Perché la musica è meravigliosa, frutto di una generosità creativa senza pari. Se ha un difetto, consiste solo nel fatto di essere troppo nobile e alta per «scendere a patti» con la polvere di un palcoscenico teatrale. Ma quanta e quale invenzione melodica, ritmica, armonica. Il voto è la media tra musica (10), libretto (5), regia (4), direzione (7,5), cast (7,5), coro (8).

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT